Sogno Antico_1 - Antonella Massa

Antonella Massa
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Prefazione di Silvia Denti
La magia di questa raccolta variegata sta nell’aspetto pregnante delle immagini, nella descrizione costante e coerente delle sfumature. Con ogni sentimento citato, trattato, sentito, Antonella Massa ci trasmette la fragilità dei simboli, delle illusioni, spesso effimere ancor più della loro stessa definizione, spesso elevate all’ennesima potenza da quell’essere chiamato umano, persona, che non riesce a resistere al sogno. Una difesa, normalmente, per chi soffre, per chi necessita di aggrapparsi alla speranza, al futuro rinnovabile in cose migliori. E che ci sarà mai di tanto nuovo? Chiederete. Beh, il nuovo sta nell’imposizione di quel tipo di visioni, a mio avviso incantevoli, che tale penna è capace di dipingere, fotografare. Non è per nulla facile descrivere una sfumatura. Se abbiamo davanti a noi un tramonto suggestivo cercheremo di raccontarlo, no? L’Autrice in questione non descriverà mai quel tramonto, semmai andrà a scavarvi dentro, prenderà i rossi, l’arancio, il rosa, le nube che si mischia alla luce, il vento che muove il ciuffo di capelli davanti allo sguardo … Sogno antico è un titolo sintomatico: i sogni possono essere le tracce viste come l’unica cosa che resta di ogni passaggio; l’aggettivo antico è dedicati al tempo, il contenitore degli eventi i quali, a loro volta, hanno insiti i soggetti, gli oggetti, le emozioni, i respiri. Provate a descrivere un respiro, non il suono, ma la sua forma. Disegnatelo. Non è possibile. Eppure in certi frangenti la Nostra ce la fa. E anche in maniera molto speciale. Ecco che dal famoso tramonto ne scaturisce il senso di consistenza liberatrice, la poesia strizza, sputa tutta la mucillagine in eccesso, avete presente dell’acqua ristagnante nei tubi da molto tempo? Dapprima esce scura, sporca, intaccata, poi pian piano eccola divenire cristallina, fresca, limpida, sempre più. Questo è il lavoro che la Massa compie ad ogni suo componimento. Le tematiche sono comuni ad ogni poeta che si rispetti, come l’amore, il fiore, il sogno, le attese, l’idea, il ricordo, ecc, ecc. Ma è il come che cambia.  In Rosa del mattino, la prima lirica che apre la raccolta, si noti il concetto del fiore espresso solo all’inizio, poi l’attenzione è rivolta al fremito del sorriso. Nodo cruciale, non il fiore, ma il sorriso che ne scaturiva ogni mattina grato all’amore immenso vissuto. Molto originale questa modalità che potrebbe essere benissimo una variante dell’inquietudine, una sottile smania dell’andare a pescar dettagli insospettabili.  Vediamo, nella lirica Carezza,un atteggiamento misurato, quasi trattenuto, appositamente, del dire e non dire, con molta eleganza, delicatezza, cosa preme davvero: “scivola lo sguardo/nei bagliori dell'oro/luce del sole canta,/riflessa di te e di me,/del nostro Amore”. L’accento viene posto sullo sguardo perduto, carezzevole, appunto, come solo l’amore può. E l’amore è maiuscolo. Chiaro, vivo, lampante. Deciso. Tuttavia la diversità da me colta in questo tipo di scrittura non può non far pensare che la nostra autrice voglia spostare il tiro in altre direzioni, viene da pensarlo,  intendendo essere propugnatrice di altro cliché, magari un sottofondo esistenziale difficile, martoriato da accadimenti celati, e può essere, tutto è possibile, se pensiamo che di solito il poeta produce molto perché soffre molto, sente parecchio la propria sensibilità. Ciò non toglie che questa modus scribendi rimane personalissimo, forse ancora da sviscerare in maniera più torrida e meno torbida, certo, ma la strada da fare, per fortuna, ha ancora molti spazi, molte evenienze, e la Massa sa che dovrà scoprirsi di più, sempre di più, fino a diventare una voce non più corale, ma solista. Fa parte dell’evoluzione di ogni artista, sempre. C’è una poesia che io amo molto di questa raccolta, si intitola Ali, l’amo perché si distingue, si eleva ancora di più, si sparge come anima vagante e silenziosa in ogni riga di tutto il libro stesso: “ Scioglierò i miei capelli/alla luce della legna/profumata che arde. /Mi perderò danzando/nelle tue braccia/fremente e avida di te,/nel nostro nido/d' Amore”. Non so se è chiaro come siano lontane e poco terrene le ali dalla terra che brucia, arde. Ecco perché è uno scritto che va oltre. Le ali non volano solo in alto, nel cielo o nelle galassie, no!, le ali possono condurre alle braccia dell’amato, in un nido d’amore (sempre maiuscolo) che può essere anche in una danza, nell’avidità del volersi, nella sensualità dei capelli sciolti nella luce. Quindi, con il volere, che in tutta l’essenza di Antonella si avverte fortemente, è possibile ogni cosa. L’autenticità fa il resto. Non da meno la realtà, vissuta su binari paralleli, che diviene a un certo punto il paradigma del sogno. Tutto questo è sorprendente e lo si può appurare ancor meglio nell’unica prova in narrativa breve che è stata inserita nelle ultime pagine.  Ne Il volo di Anna esiste un codice morale che è stato oltrepassato con una finezza che non so definire. Antonella Massa è stata capace, con un racconto molto breve, di significare una situazione al limite dell’inspiegabile dandole forma e senso pieno, reale nell’impossibile irreale.  Voglio leggere altro di questa autrice, davvero, voglio che presto ci renda partecipi del suo cammino, sono già curiosa e so che non rimarrò delusa.
SILVIA DENTI


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